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Paolo Occhiena

restauratore

/pla·ṣmà·re/ · /dia·lèt·to tèc·ni·co/ · /tru·schì·no/ · /squà·dra fàl·sa/ · /la·pi·dèl·lo/ · /blu di me·ti·lè·ne/ · /fù·mo di can·dé·la/ · /Palmer/ · /cón·tro·pun·zó·ne/ · /Dalambert/ · /ma·nu·ten·zió·ne/ · /su·per·fì·ce/ · /stù·dio/ · /frisa/

Solida cultura ingegneristica, grande capacità di conoscere e trasformare la materia, comprenderne gli aspetti pratici e i risvolti culturali, fanno di Paolo Occhiena, un personaggio unico. Destreggiarsi nel restauro del legno, delle ferramente metalliche, riprendere e ricostruire le patine del tempo, lucidare, aggiustare, ricostruire lo rendono insostituibile in quei restauri di oggetti d’epoca o contemporanei  che necessitano di approcci polimaterici e multidisciplinari . Il tornio, la fresa, ma anche la lima e il bulino, le vernici e gli smalti, sono i suoi ferri del mestiere. Nel suo laboratorio attendono di trovare il giusto impiego legnami di ogni tipo, barre di ottone, cornici e lamiere. Ma per quanto ricca di strumenti sia la sua cassetta dei ferri, ancor più lo è la sua biblioteca, perché prima di cominciare a lavorare con le mani bisogna ragionare col cervello.

Note a margine

a cura di Silvia Baldetti

· minuto 2:40 \ Nota 1 \

Il “minusière” è un termine piemontese derivato dal francese “menuisier”, cioè “lavoratore che fabbrica piccoli oggetti”, a sua volta un derivativo di “menuise”, cioè minuzia (lat., “minutia”, piccolo pezzo).
A Torino, il 1636 viene convenzionalmente considerato l’anno di nascita dell’“Università dei Minusièri”, un’associazione di mestiere di cui erano state definite le regolamentazioni comuni, che perdurò ufficialmente fino al 1844 quando re Carlo Alberto le abolì. Il minusière è un artigiano che lavora nel minuto, ovvero con le piccole parti di materiali, dal legno al ferro, come piccole parti di mobili a serrature di oggetti.
Il percorso di perfezionamento per essere annoverato tra i maestri era molto lungo: frequentare l’Università dei Minusieri, e dimostrarsi adeguati alla prova di perfezione nell’arte esercitata (“capodopera”, cfr. nota dedicata), era un passaggio fondamentale per aprire bottega.

· minuto 36:30 \ Nota 2 \

Il capodopera, in piemontese “chiadevra” (in fr. “chef d’oeuvre”), cioè capolavoro, era una prova di elevatissima difficoltà tecnica, attraverso cui l’aspirante maestro doveva dimostrare di aver raggiunto “la perfezione dell’arte” dopo aver fatto per cinque anni “l’imprendizzo” (l’apprendista) e per quattro anni il “lavorante”.
Era, dunque, una prova d’esame a tutti gli effetti, volta a testare l’abilità e la manualità tecnica del candidato, ed era da realizzarsi sulla base di un disegno assegnato, che a partire dal 1738 venne tratto da modelli ufficialmente codificati. La riuscita del capodopera, come già accennato nella nota dedicata al “minusière”, determinava la possibilità di aprire o meno una bottega in proprio.
Ancora più complesso era invece in Francia, durante il periodo dell’Ancien Régime, il cammino (“compagnonnage”) dell’apprendista verso l’acquisizione del titolo di maestro (“maître”). Dopo aver completato il periodo d’apprendistato, aver ultimato il “Tour de France” (un viaggio durante il quale i maestri trasmettevano conoscenze e esperienze del mestiere all’aspirante “compagnon”) ed eseguito il capodopera, si acquisiva infatti lo stato di “compagnon”, ma non quello di “maître”. A differenza del sistema italiano, quindi, il capodopera non costituiva una prova di professionalità tale da far acquisire il titolo di maestro, molto difficile da ottenere se non si era figli di maestri, poiché le regole del consorzio di professionisti a cui il praticante desiderava unirsi erano molto stringenti.

· minuto 26:00 \ Nota 3 \

Il “Nuovo Colombo, Manuale dell’Ingegnere” edito da Hoepli, è giunto oggi all’85esima edizione; nel 1877 uscì la prima, sempre presso la casa editrice Hoepli. Il Colombo viene considerata la Bibbia dell’ingegnere italiano. Come allora, anche oggi si tratta di un prontuario che fornisce dati tecnici utili alla professione di ingegnere; in origine, riportava anche i costi delle soluzioni tecniche proposte, perciò richiedeva un costante aggiornamento.

· minuto 26:00 \ Nota 4 \

Il “Nuovo Dizionario di Merceologia e Chimica Applicata” è un completo rifacimento in sette volumi del primo Villavecchia, pubblicato per la prima volta nel 1896. Contiene più di 3500 voci monografiche e costituisce un testo di riferimento per la conoscenza delle materie prime e dei prodotti industriali e alimentari di natura commerciale.

· minuto 30:00 \ Nota 5 \

L’“Enciclopedia della scienza e della tecnica (EST)” è stata pubblicata da Arnoldo Mondadori Editore, nel 1963, ispirandosi alla “McGraw-Hill Encyclopedia of Science & Technology”. È considerata una raccolta fondamentale per l’alta divulgazione scientifica in Italia. L’enciclopedia copre argomenti che spaziano dall’ingegneria, alle scienze naturali, alla tecnologia, in 13 volumi; dal 1968 al 1992, venne ampliata con annuari che comprendevano progressi scientifici e tecnologici, oltre che articoli rilevanti in materia.

· minuto 39:00 \ Nota 6 \

Il Museo Vivo dell’Antica Università dei Minusieri è un museo allestito presso Borgo Castello, nel Parco Regionale La Mandria, che fu residenza estiva dei Savoia a partire dagli anni ’60 dell’Ottocento. Il museo racconta i segreti degli antichi mestieri del legno, attraverso strumenti, tecniche e materiali, esponendo anche alcuni preziosi capi d’opera. Il museo è stato inaugurato il 12 ottobre 2008.

· minuto 59:24 \ Nota 7 \

La “boita” è una piccola azienda o laboratorio artigianale. Il termine è piemontese, probabilmente derivante dal francese “bôite”, cioè scatola. Si tratta, quindi, di una piccola bottega.
Le boite realizzavano produzioni specializzate, ad alta qualità, ma a volumi molto ridotti rispetto all’industria. I “bocia”, i ragazzi, andavano a imparare la professione direttamente in officina. Per anni, tuttavia, la formazione venne considerata un’attività costosa per il produttore poiché formare significava non produrre. Oggi, col passaggio da boite a piccole-medie imprese specializzate, la formazione dei lavoratori si è trasferita nelle scuole professionali, dove sono previsti periodi di apprendistato.
A Torino, a partire da fine ‘700, le piccole e medie imprese cambiano il volto della città: in particolare, Borgo San Donato e Campidoglio si caratterizzano come borghi operai, anche per la vicinanza con il fiume Dora, che diventerà una delle forze motrici delle boite. Dopo la Grande Guerra, le boite di periferia danno origine ad una seconda generazione di industriali, piccoli imprenditori che gravitano intorno alla Fiat, ma che conservano maggiore autonomia di produzione e caratterizzazione artigianale.

· minuto 1:01:14 \ Nota 8 \

A partire dal Medioevo, nelle corporazioni, il rapporto tra maestro e garzone era patriarcale. Le corporazioni detenevano il sapere, e i maestri trattavano il garzone da sottoposto; spesso, il trattamento era molto duro, con punizioni perfino corporali. Il garzone non poteva allontanarsi senza il consenso del maestro e, quando succedeva, veniva ricondotto alla bottega con la forza e doveva pagare una multa.
Col passare dei secoli, in età moderna, alcune cose sono sicuramente migliorate: il rapporto tra maestro e garzone ha cominciato a basarsi sullo scambio reciproco. I maestri fissavano le regole, giudicavano il lavoro e mantenevano il garzone che, in cambio, prestava il suo servizio. L’apprendista imparava “sul pavimento di bottega”, con la fatica e con l’osservazione: il garzone partecipava, quindi, all’economia di produzione, ma anche a quella di consumo, poiché condivideva la vita di ogni giorno con il maestro artigiano e la sua famiglia.

· minuto 1:07:04 \ Nota 9 \

Prima della costituzione del Sistema Metrico Decimale, l’esistenza di unità di misure diverse rendeva difficile trovare un’intesa commerciale, non solo tra nazioni diverse, ma a volte anche all’interno di una stessa città.
Nel 1792, in Francia, re Luigi XVI incaricò gli astronomi Delambre e Méchain di misurare l’arco di meridiano tra Dunkerque e Barcellona. Nel 1799 fu stabilito che il “metro legale” era costituito da un regolo di platino e iridio corrispondente a un decimo di milionesimo di un quarto di un meridiano terrestre.
Anche in Piemonte, già nel 1760, re Carlo Emanuele III aveva incaricato Giovanni Battista Beccaria di calcolare la lunghezza del meridiano terrestre che passa per Torino, il cosiddetto “Gradus Taurinensis”. Sfruttando i 12 km di viale Corso Francia, che collega tuttora Piazza Statuto a Torino con la rotonda di Corso Susa a Rivoli, Beccaria stimò una lunghezza di 112,06 km.
L’unificazione delle unità di misura è sempre stata un’esigenza legata al potere: unificare equivaleva a controllare; non a caso, ad esempio, la misurazione del tempo è sempre stata prerogativa della chiesa, che scandiva il ritmo giornaliero con le campane, o dei sovrani attraverso gli orologi sulle torri degli edifici pubblici.
A livello internazionale, comunque, l’unificazione avvenne soltanto nel 1875 con la “Convenzione del Metro”. Il Sistema Internazionale (SI), che identifica le sette unità di misura fondamentali, fu adottato nel 1961.
In Piemonte, esistevano le “Mësure Piemontèise”, che vennero poi sostituite con l’adozione del sistema metrico nel 1850: erano misure riferite alla realtà della vita quotidiana, ad esempio la “giornata”, la “tavola”, il “piede”, il “miglio piemontese”, il “sacco”, la “coppa”, il “cucchiaio”, il “boccale”, la “pinta”.
Alcune espressioni gergali utilizzate all’interno delle botteghe non sono state sostituite, ma permangono tuttora come neologismi specifici di bottega: ad esempio, le “Mzure d’antèisa për mecànica fin-a” (le misure d’intesa per la meccanica di precisione), come “na barlicà”, “una leccata” (0.01 mm); “‘n cicinin”, “un pochino” (0.015 mm); “na barbisà”, “una cosa piccola come un pelo di barba” (0.035 mm).

· minuto 1:11:54 \ Nota 10 \

Il termine “precisione”, dal latino “praecisio, praecisionis”, cioè “taglio” – e che nell’uso comune risente della derivazione francese “préciser”, “precisare, specificare” – significa esattezza, meticolosità.
La precisione è un indice della qualità di uno strumento nel rilevare la misurazione, il cui risultato, nel valutare la stessa grandezza, dev’essere sempre lo stesso.
Per essere preciso, uno strumento deve avere valori che combaciano con quelli forniti da uno di riferimento, noto come affidabile: per esempio, il piano di riscontro è una superficie perfettamente piana che funge da campione per altre superfici. Uno strumento tanto noto quanto utile per i confronti è il compasso, che permette di prendere e riportare le misurazioni e di effettuare rilievi sulle forme più disparate grazie alla sua versatilità (ad es. il compasso di calibro e spessore, usato per la misurazione di forme sferiche).
La valutazione della precisione può avvenire per verificare: la correttezza rispetto all’orizzonte (ad es. la livella a bolla d’aria determina la pendenza di una superficie rispetto ad un piano orizzontale di riferimento); la tenuta di un angolo (ad es. la squadra permette sempre di testare se un angolo è retto, mentre la squadra falsa può assumere qualsiasi altra angolazione, e poi confrontarla su un altro pezzo); l’attinenza di forma (ad es. il passa-non-passa, che viene usato per un controllo rapido delle dimensioni dei pezzi lavorati, tramite limite di tolleranza inferiore (non passa) e superiore (passa) del pezzo da verificare).

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