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Andrea Spinella

Esperto di profumeria

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Il mercato di Palermo è simile ad un Suk mediorientale, con i suoi banchi della frutta, le conchiglie vive nei secchi, la carne che arrostisce sul carbone e soprattutto con montagne di spezie profumate e colorate che spandono aromi esotici nell’aria. Nella stagione della fioritura, i viali di aranci profumano di zagare, i bergamotti sprizzano il loro olio essenziale. Dalle finestre aperte nel caldo estivo esce l’odore del pasto della domenica, dal mare arriva il salmastro delle onde. È in questo incrocio fortunato che è nato Andrea, che si sta dedicando al mondo dei profumi con lo stesso trasporto con cui si dedica agli scacchi di cui è maestro. L’odorato è il più dimenticato e negletto dei sensi ma quello che può riportare alla mente i ricordi più lontani, rendendoli vivi come appena vissuti, toccando corde nascoste e profonde di cui si ignora il perfetto funzionamento.

Note a margine

a cura di Tommaso Leotta

• MINUTO 18:30 \ Nota 1 \

L’odore della salute

Il legame che c’è tra il buon odore e una buona salute ha radici molto profonde nella nostra storia.
Basti pensare alla cura che avevano i romani per l’igiene fisica. Nella Roma imperiale c’erano una decina di impianti termali pubblici e più di ottocento privati. Nei bagni ci si puliva, ci si profumava e si chiacchierava. Tutto nella convinzione che il buon odore fosse riconducibile a una bellezza interiore, così come il cattivo odore fosse sinonimo di cattivo animo. Lo testimonia anche Giovenale: “Orandum est ut sit mens sana in corpore sano” (bisogna chiedere agli dèi che la mente sia sana nel corpo sano), precisando come le due cose vadano di pari passo. I romani si prendevano cura del loro corpo lavandosi con cenere di faggio, lisciva, una speciale creta tritata, e la pietra pomice.
Andando avanti nella storia, se si pensa alla peste del XVII secolo, tutti hanno presente le maschere minacciose dei medici con i loro abiti sinistri e quel lungo becco. Forse non tutti sanno perché si vestivano così: cappotto ricoperto da cera profumata, calzoni alla zuava legati agli stivali, una camicia infilata nei pantaloni e cappello e guanti in pelle di capra. La loro tenuta serviva per proteggersi dal miasma, (si pensava infatti che la peste passasse attraverso l’aria avvelenata).
Mettevano poi, in fondo al loro becco, degli aromi profumati. Questo perché non solo bisognava tenersi lontano dagli odori cattivi, portatori di malattia, ma occorreva combatterli con gli odori buoni. Si pensava che le fragranze dolci e pungenti fossero in grado di disinfestare le aree colpite dalla peste e di proteggere chi ci respirava; mazzolini di fiori, incenso e altri profumi erano infatti molto comuni all’epoca. Questo sistema di respirazione che metteva al riparo il naso, proteggendolo con questo lungo becco, è uno dei primi precursori delle maschere antigas usate alcuni secoli dopo.
Anche il concetto di “odore di santità”, ovvero l’inspiegabile profumo che a volte emanano i cadaveri, viene dal medioevo . Questo vale in alcune rare reliquie, ad alcuni dipinti a carattere religioso. Il profumo di rosa è tra i più diffusi, evocando la presenza della Vergine. La durata del fenomeno va da alcuni minuti a vari anni, in casi rari anche secoli. Questo vincolo tra profumo e santità ha una base biblica: il Cantico dei Cantici evoca già la figura della beneamata come uno splendido giardino colmo di profumi soavi. La Chiesa ritiene che questo fenomeno sia un segno di santità, riflesso del carattere eroico delle virtù di un fedele. E, allo stesso tempo, incoraggia la prudenza, continuando sempre a interrogarsi sulla sua provenienza. Nei giorni nostri, il legame odore e salute continua ad essere indagato come testimonia la storia di Milne. Joy Milne è un’infermiera scozzese che sentì cambiare rapidamente l’odore di suo marito in un aroma pungente simile al muschio. Pochi mesi dopo a suo marito è stato male ed è stato portato d’urgenza in ospedale. Dopo i controlli gli è stato diagnosticato il Parkinson. Grazie al suo naso, Joy Milne ha portato avanti una ricerca sperimentale sulle malattie indagandone l’odore.
Hanno fatto indossare a sei persone con il Parkinson e a sei pazienti in salute una maglietta pulita. A fine giornata Joy ha annusato le magliette e ha riconosciuto tutte le persone malate. Ha fatto solo un errore, riconoscendo un odore maligno ad una persona sana. Dopo tre mesi a questa persona è stata diagnosticata il Parkinson.

MINUTO 29:50 \ Nota 2 \

Sinestesia (Letteraria)

– È una questione complessa, ma è molto facile da visualizzare. Nel dizionario, alla parola “sinestesia” trovi questa definizione: “l’associazione espressiva tra due parole pertinenti a due diverse sfere sensoriali”. In greco è l’unione di due parole che vogliono dire “percepire insieme”. Tu cerca di vederla così: prendi, non so, le lettere. Le lettere hanno un colore, i mesi una forma geometrica e le parole hanno un suono.
– È questa la sinestesia?
– Non esattamente. Però da qui iniziamo a capire come da una percezione sensoriale si può passare a un’altra. Ad esempio, c’è l’esperimento di Takete e Maluma. Funziona così: chiedi ad un campione di persone di associare questi due nomi a due diverse forme, una formata da linee rette e spigolose, l’altra da linee curve e morbide. Nella maggior parte dei casi, Takete verrà associata alla figura dalle linee spezzate mentre Maluma a quella con linee curve. Questo perché ogni parola viene recepita dal cervello come un’immagine, a cui successivamente viene fornito un significato. Il suono prodotto nella pronuncia della parola Takete risulta pungente e spigoloso rispetto alla parola Maluma, più morbida e rotondeggiante. Ti faccio un altro esempio. Nella sinestesia, la stimolazione di una via sensoriale, diciamo quella visiva, è associata ad un’esperienza sensoriale che interessa un’altra via, come il gusto. Può quindi accadere che uno stimolo visivo venga percepito contemporaneamente anche come stimolo gustativo. Questo è il motivo per cui si può guardare il dipinto della Monna Lisa e avvertire il sapore di fragola.
– Quindi la sinestesia lavora nel subconscio, non è un ragionamento logico?
– Esatto. Pensa ai profumi. Il tuo olfatto riconosce l’odore di muschio, e così, senza che tu faccia niente, ti viene in mente la montagna. Oppure senti un profumo di arancia e cannella e ti immagini la Sicilia. Non è un ragionamento logico che conduci tu. Sono delle connessioni dei sensi. Da uno stimolo, si sbloccano altri sensi. In questi casi che ti ho appena detto, dal profumo si sbloccano dei luoghi. Per questo gli artisti cercano di andare a fondo nella ricerca sensoriale, soprattutto con stimoli molto diversi dal loro ambito.
– E che senso può sbloccare il profumo?
– Qualunque! Alcuni ti portano in un posto lontano, altri ti restituiscono calore o freddo, altri ancora ti ricordano alcuni passaggi di libri che hai letto. In Madame Bovary è pieno di momenti di sinestesia. Emma annusa dei profumi e si immagina dei posti lontani. Attraverso il contatto di alcuni tipi di tessuto, sente calore o freddo. Pensa a questo passaggio di Flaubert: “era convinta che l’amore dovesse arrivare di colpo, accompagnato da luci e fragori, simile a un uragano celeste che piombe sulla vita, la sconvolge, travolgendo la volontà come foglie secche, e trascina ogni sentimento nell’abisso.” La capacità è quella di creare vari collegamenti tra l’effetto visivo (luci e fragori), il tatto (uragano celeste), e il tempo (foglie secche)
– La sinestesia ha a che fare con la memoria?
– No. Perché la memoria è una connessione volontaria che produciamo secondo la nostra esperienza. La sinestesia va oltre questo. Non c’è alcuna memoria che collega un colore ad una lettera, o una forma ad una musica. Noi esseri umani ci troviamo davanti alla sinestesia tutti i giorni. Saperla riconoscere è parte essenziale di questa sua bellezza.

MINUTO 25:00 \ Nota 3 \

Alessandro Gualtieri – Biografia

Sono poche le cose nelle quali il giovane Alessandro Gualtieri si diletta da giovane. Passa i giorni della sua infanzia in Puglia, assieme a suo nonno Vincenzo e al suo orto. Trova il suo primo impiego come disossatore: il mestiere consiste nel togliere le ossa dalla carne degli animali macellati con lame sottili. Lavora quindi a contatto con le bestie morte, nel sangue, e questo è traumatico per Alessandro dal punto di vista olfattivo. C’è però qualcosa di quella professione che in qualche modo si porterà dietro per tutta la vita. Lascia la sua terra e viene preso a lavorare per Bayer, in Germania. La Bayer è una delle principali multinazionali farmaceutiche a livello mondiale, inoltre investe in prodotti chimici agricoli e prodotti biotecnologici; polimeri di alto valore. Parlucchiando un po’ di tedesco e un po’ di inglese, Alessandro tiene in ordine una libreria di bottiglie all’interno dell’azienda.
Annusa qua e là, passando dalla sezione farmaceutica a quella degli aromi poi alle fragranze. Non ha mai pensato che il profumo potesse essere così interessante, eppure, nelle ore di lavoro, diventa sempre più intuitivo nel riconoscere odori e ingredienti. Passa così tanto tempo a scoprire come sono fatte le sostanze che finisce per essere sempre più distratto e inefficiente a lavoro. Viene infatti licenziato dall’azienda..
Come dice lui – “mi hanno un po’ sbattuto fuori perché… come dire… io ero uno scalmanato”.
Con pochi soldi e tante idee, torna in Italia e decide di entrare nel mondo della profumeria a modo suo. Alessandro conosce qualche amico nel settore della moda, nomi come Yohji Yamamoto e Helmut Lang. Inizia poi a fare il naso per qualche stilista, ma l’azienda per cui lavorava gli stava stretta e se ne va via. Apre allora la sua linea d’estratto “Nasomatto”, che diventa un successo per la sua trasgressività e fantasia. La linea include profumi come l’Absinthe, che rappresenta l’odore di un comportamento irresponsabile rinforzato dalla spigolosa nota dell’assenzio romano. Ma non solo: dopo aver percorso anni a fumare Hashish, gli viene l’idea di creare un profumo con quegli aromi: lo chiama “Black Afgano”. Un altro profumo si chiama “Terroni”, una fragranza orientale, legnosa, calda e persistente. Gualtieri gioca con i nomi e le regole dei profumi. La sua esperienza come disossatore gli ricorda che tutte le strade possono andare bene per arrivare ad un buon traguardo, e spesso le vie più trasgressive, portano al risultato più originale. Le sue idee nascono dall’ esperienza quotidiana. Una volta gli viene in mente l’idea per un profumo andando a trovare un suo amico in ospedale.
Nel 2014 apre il progetto “Orto Parisi” con l’idea di celebrare la Puglia e suo nonno.
“A lui, che in parte mi ha ispirato, ho voluto dedicare questo progetto. Dapprima ho pensato a una sua biografia, ma mentre la scrivevo mi sono annoiato, realizzando il fatto che io stesso non ho mai letto le biografie. L’idea nasce dal fatto che lui, mio nonno Vincenzo, utilizzava i secchi per raccogliere i suoi bisogni, che puntualmente finivano per fertilizzare l’orto. Nel suo giardino aleggiava un’aria di infinito. Quindi, con la presente: a mio nonno Vincenzo Parisi e a coloro che colgono il tempo per vivere e diffondere il profumo della vita.”
Gualtieri si considera oggi quasi un musicista. Associa le note, crea gli accordi e cerca di spingersi in territori non ancora esplorati. Quando gli chiedono sei lui sia un anarchico totale, risponde senza esitare: “Assolutamente. È un gioco, necessario ma non necessario. Chissenefrega.”

MINUTO 27:30 \ Nota 4 \

Naso Editore

Il ruolo del naso editore può non dirvi nulla, ma in realtà è una figura chiave nel mondo della profumeria. Per capire meglio cosa sia un naso editore basta pensare alla risposta che diede un giorno lo stesso Frédéric Malle quando gli chiesero cosa gli sarebbe piaciuto aver inventato. Frédéric non esitò un secondo e rispose secco: “il profumo”.
Ecco. Un naso editore parte da qui.
La figura del naso nasce più di quattromila anni fa nell’antico Egitto. Allora si chiamavano kyphi – come l’ingrediente usato nei templi dei faraoni. Era composto da più di 60 essenze tra cui il miele, il vino, l’uva passa e la resina – ed erano perlopiù figure religiose. Negli ultimi anni la figura del naso si è adattata ai cambiamenti della società. In tempi recenti i nasi sono anche imprenditori di loro stessi e dei loro prodotti: basti pensare ad Alessandro Gualtieri e all’unicità del suo nome. In altri casi invece si scelgono nasi apposta.
Qui entra in gioco il ruolo del naso editore. Pensate all’editoria letteraria. Un libro di Adelphi è sempre riconoscibile nonostante gli scrittori pubblicati siano molto diversi tra loro. Questo grazie a un’operazione editoriale: vengono innanzitutto selezionati certi tipi di storie e certi tipi di saggi. A rafforzare l’identità di Adelphi è allora la cura a livello formale ma anche estetico. Dal colore delle copertine alla scelta delle immagini, passando per la qualità della carta, nulla è lasciato al caso.E così, anche se leggi uno scrittore per la prima volta, se è nella collana Adelphi sai già a cosa vai incontro.
L’editoria dei profumi si comporta allo stesso modo. Il commesso di una profumeria ha la stessa funzione del commesso di una libreria: capire gli interessi dei clienti e accompagnarli nei mondi artistici più vicini a loro. Non è solo vendere un prodotto, ma conoscere lo stile e i gusti del cliente. Parlando invece di brand, la domanda è sempre la stessa: come si può creare l’identità dalla molteplicità? Ci sono vari modi. Il metodo utilizzato da Frédéric Malle, parigino e mecenate del mondo della profumeria, consiste nel raggruppare i più famosi nasi sulla piazza e lasciargli carta bianca. In questa maniera, dà grande spazio ai profumieri e ottiene l’identità del marchio: un’editoria legata all’eccellenza. “Editions de Parfums”, la casa editrice di Frédéric Malle, lavora con molti nasi e i suoi prodotti, seppur diversi tra loro, sono quelli di più alto profilo artistico. A proposito di arte, l’ambizione di Malle è propria quella di una casa editrice di profumi dove le fragranze vengono create e pubblicate come opere d’arte uniche. Malle segue i suoi profumieri nel processo di lavorazione, lasciando che i prodotti escano sul mercato con il loro nome, stabilendo così il loro status di artisti.
Un altro modo per capire come ragiona un naso editore è quello di andare a vedere lo show-room. Se prendiamo quelli di Malle, ci troviamo subito in un appartamento pieno di arte contemporanea e installazioni moderne. Ad esempio c’è un finto ascensore che, al suo interno, nasconde una Smelling room, dove il profumo selezionato viene spruzzato in tutta la stanza, discernendo gli odori. Il design di questi negozi è moderno e razionale. Le vetrine refrigeranti per i profumi, i ripiani sottili in alluminio su cui sono elegantemente allineati nelleloro confezioni minimali, i ritratti in bianco e nero dei nasi.

MINUTO 41:00 \ nota 5 \

Musica e profumo

All’ingresso del negozio di profumeria di Julian Bedel, founder e creatore di Fueguia 1833, ci sono due chitarre elettriche appese al muro. Una scelta inconsueta per un negozio di profumi, eppure quando hanno chiesto a Bedel il motivo di tale decorazione lui ha risposto così:
“Mi piace l’idea che la gente passi del tempo ad ascoltare i profumi, come dicono i giapponesi. In questo processo di ascolto la chitarra è lì per te, per me, se me la sento, la suono… È un simbolo di creatività, della potenzialità incredibile che viene sprigionata dalla musica. Una buona combinazione con il profumo”. La connessione tra la musica ed il profumo non è solo una questione creativa, ma ha legami concreti e antichi.
Un’analogia tra questi due universi si può far risalire già a Linneo che divise gli odori in sette classi, proprio come sette sono le note musicali. Esiste inoltre un’affascinante ipotesi, sostenuta dal biochimico Luca Turin, secondo cui i nostri ricettori olfattivi sarebbero in grado di distinguere gli odori processando non tanto la forma delle molecole, ma la loro vibrazione, proprio come accade per le onde sonore.
Altri recenti studi hanno appurato come il tubercolo olfattivo non solo discrimini gli odori, ma sia anche sensibile al suono.
Quando si parla di profumi e degli ingredienti che li compongono, spesso si usano parole che richiamano il mondo della musica: ecco quindi che l’ingrediente singolo, la materia prima, sia naturale sia sintetica, è denominato “nota”, le miscele di almeno due e più ingredienti sono chiamate “accordi” e il profumo finale, la fragranza ottenuta dalla miscelazione di note ed accordi, “composizione”. Gli stimoli infatti sono molto simili. Gli accordi sono le colonne portanti della struttura di un profumo, ne determinano le caratteristiche olfattive principali e rappresentano, molto spesso, il tema principale attorno al quale il profumiere lavora e modella la sua formula per cui egli è molto attento, nella scelta, alla qualità degli ingredienti e all’equilibrio tra note e accordi che utilizza, per far si che il risultato finale sia originale e accattivante.
Possiamo quindi dire il processo per realizzare un profumo è lo stesso per una canzone. Inoltre, sia le note musicali che quelle dei profumi, hanno un’evoluzione nel tempo. Alcune note le senti subito: sono le cosiddette note di testa, quelle acute. Mentre quelle di fondo sono assimilabile ai bassi. Ci sono cantanti e suonatori che lavorano su partiture originali per evocare atmosfere e intenzioni dei profumi del brand. Come nel caso di Ambre Cello per L’orchestre Parfum: un viaggio nei souk di Deira, a Dubai. Un posto dove si narra la leggenda di Souleiman, un musicista nomade che viaggia attraverso il deserto con il suo strumento di legno. All’interno di essa, si pensa ci sia l’ambra più preziosa del mondo. Ogni volta che suona, accade qualcosa di magico. L’unione tra questi due mondi non solo è profonda, ma destinata a perdurare e a scoprire nuovi territori. Perché, come disse Giuseppe Mazzini, “la musica è il profumo dell’universo”.

MINUTO 29:50 \ Nota 6 \

Sinestesia (nei luoghi)

– La connessione che esiste tra i luoghi e i profumi è un’altra incredibile bellezza da scoprire. L’olfatto è il senso più efficace in assoluto nel conservare le informazioni nel cervello, perché entra in contatto con il cervello e con i sistemi preposti ad elaborarle.
– E come avviene questo processo?
– Mettiamo che sei in montagna e senti un profumo di rododendro. Per prima cosa, questo profumo penetra nel naso attraverso le narici; poi, una volta al suo interno, le molecole dell’odore entrano in contatto con uno strato chiamato epitelio olfattivo. Esso è formato da una serie di neuroni che captano la fragranza e la riconoscono. A questo punto l’informazione elaborata passa poi nel bulbo olfattivo, una sorta di cervello collocato in prossimità del naso, che la trasmette al sistema limbico. È qui che i dati ricevuti vengono elaborati e si fissano nella memoria olfattiva, diventando un ricordo pronto a manifestarsi ogni volta che ritornerai a percepire la fragranza di lavanda.
– Ma queste associazioni tra i ricordi dei luoghi e il momento in cui annusi un determinato profumo, è una cosa che si fissa nel cervello quando sei bambino o anche da adulto? – Non solo capita anche da adulto, ma questo tipo di episodi accade ogni giorno ripetutamente nella vita di tutti e viene identificato con la dicitura Sindrome di Proust. È stato proprio lo scrittore francese Marcel Proust a parlarci per primo di questo particolare fenomeno nel suo celebre libro Alla ricerca del tempo perduto. Vedi, in quest’opera ci viene mostrato come possa essere facile sprofondare nel passato grazie al semplice odore o sapore di una caramella, una torta, un biscotto, un fiore. Nel suo caso di una madeleine. Senti cosa fa dire al suo protagonista:
“… Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicissitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della madeleine. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veniva? Che senso aveva? Dove fermarla? Bevo una seconda sorsata, non ci trovo più nulla della prima, una terza che mi porta ancor meno della seconda. E tempo di smettere, la virtù della bevanda sembra diminuire. È chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. È stata lei a risvegliarla…”
Tale immersione nel passato avviene grazie alla memoria involontaria che si risveglia quando si percepisce un sapore ma anche e soprattutto un profumo. In un attimo il presente svanisce e noi ci ritroviamo ad essere immersi in un giorno, un luogo che pensavano di aver dimenticato per sempre quando invece era annidato in una parte della nostra mente.
– Questo legame era presente anche nel passato o è una scoperta tutto sommato recente? – In realtà ha radici lontane. Per i grandi viaggiatori del passato, era normale scambiarsi informazioni sugli odori e i profumi caratteristici dei luoghi visitati, tanto è vero che tali indicazioni venivano inserite anche nelle guide turistiche dell’800. Lo scrittore Rudyard Kipling è quello che ha collezionato odori di viaggi nelle diverse regioni della terra, dedicando loro un libro intitolato “I profumi dei viaggi”. Verso la fine dell’800, procedendo da nord a sud nel suo itinerario in America settentrionale, annota l’odore polare (che sa di etere) quello della banchisa (che sa di aria ozonizzata) delle distese innevate del Labrador (che sanno di ghiaccio e di mare) e, scendendo verso il Canada, l’aroma di foreste e conifere. PROFUMI SINTETICI
I profumi si dividono in due categorie: quelli in fragranze naturali e quelli con fragranze sintetiche. I profumi naturali sono a base di oli essenziali, quelli, per capire, estratti da piante e fiori. Invece i profumi sintetici vengono realizzati con materiali artificiali, spesso petrolchimici. Questi ultimi non sono nocivi per la pelle, grazie alle norme sulla cosmesi molecolari.
Per dare un dato statistico, circa due terzi di tutte le fragranze utilizzate nei profumi e in altri prodotti profumati sono realizzati in laboratorio, mentre la stragrande maggioranza dei migliori profumi sono realizzati da materiali sintetici. E parliamo di marchi importanti come Dior, Chanel, Armani, Raplh Lauren e via dicendo.
Si pensa che i prodotti naturali abbiano meno probabilità di quelli sintetici di causare un’allergia. In realtà, i profumi naturali possono contenere dozzine di composti, mentre lo stesso profumo può essere creato in laboratorio utilizzando una singola molecola. In sostanza, dopo un certo numero di reazioni chimiche, viene estratta una molecola odorosa. Non c’è nessuna difficoltà a reperire la materia prima poiché è artificiale e riproducibile all’infinito. Se si annusa un profumo sintetico, quello che viene percepito come profumo di rosa in realtà non proviene da una rosa, ma da una molecola derivata dal petrolio che è stata creata in laboratorio per odorare come una rosa.
Ma quando sono nati i profumi che possiamo definire sintetici? Più o meno verso la fine del diciannovesimo secolo. Il loro arrivo ha permesso l’ascesa di un nuovo modo di intendere la profumeria nel mondo occidentale. Il vantaggio delle molecole sintetiche è la varietà dei profumi. Inoltre, alcuni odori sono impossibili da estrarre naturalmente; questo è il caso di fiori muti come il mughetto o il lillà, fiori molto profumati ma il cui unico modo per estrarne il profumo è ricostituirli in laboratorio. Ci sono però anche dei contro dei profumi sintetici rispetto a quelli naturali. Il profumo sintetico non porta con sé nessuna storia da raccontare: è fatta solo di odori. C’è un rapporto diverso con un profumo se sai che è finto e non naturale. Si contrappone poi un tema etico. Prendiamo ad esempio, il colore blu della cappella sistina: si usava quello perché era il più costoso e raro. Ora si può ricreare facilmente con una lastra dal ferramenta. Questa estrema reperibilità fa perdere la componente emotiva dell’arte? Tutto questo dibattito è tutt’ora in corso e sarà sempre più centrale nel futuro nei profumi come nelle varie arti.

MINUTO 01:18:40 \nota 7\

Origine degli odori

C’era una volta un contadino
che in rima sempre parlava
e siccome aveva un olfatto fino,
gli odori in continuazione annusava.
Tutti nel paese si burlavano di lui,
ma il naso del contadino restava aperto
e un giorno, infine, egli gridò “voi!
sentite che cose grandiose ho appena scoperto!”
Riconosceva, grazie al suo acuto olfatto,
l’origine di tutti gli odori
e ognuno nel paese accorse stupefatto,
ignorando quante cose ci fossero là fuori.
“L’ambra grigia per realizzare i profumi”
cominciò a voce alta il contadino,
“è il prodotto intestinale in frantumi
di quella bestia enorme del capodoglio marino!
E l’incenso che sentite in chiesa,
usato per coprire l’odore dei defunti
è la resina di una pianta, dagli ottomani presa
per cacciare via insetti e funghi!
Il muschio, ma non quello utilizzato nel presepe”,
avvertì poi alzando la mano,
“dovete sapere che è la secrezione
della ghiandola oculare di un cervo tibetano!
E dell’Oud non posso non parlare,
quel profumo arabo che costa più dell’oro
È la difesa di un albero quando si sente attaccare,
ecco come nasce questo tesoro!”
Il contadino raccontò altre scoperte
raccontando le origini di molti profumi
facendo notare come, in certi contesti,
tutti gli odori possano diventar eccezionali
Non poteva sapere che ai giorni d’ora
i ricconi vanno a caccia di piante rare
per realizzare fragranze di moda
sempre più fantasiose, sempre più care!
Ma il contadino imparò in fretta
anche dagli odori più fuggevoli
che tutto nella vita offre bellezza
del resto… la natura è la farmacia dei poveri!

Bibliografia