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Claudio Grosso

atelier sartoria · Doppiopetto

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Nella società dei consumi tutto deve essere pronto da comprare,  impacchettare e portare via, anche quell’abito  che sembra bello, ma non è della tua misura, che andrebbe accorciato,  che avresti preferito di un altro colore o che ti sta addosso pieno di pieghe e ripensamenti. Il prossimo anno sarà fuori moda invece quest’anno rischi di vederlo addosso a troppa gente. Se sei disposto invece  ad attendere, curioso di scegliere un tasmania extrafine o un decoro principe di Galles, un particolare risvolto o bottone, allora sei pronto per andare dal sarto. Lui risolverà le assimmetrie del tuo corpo, asseconderà i tuoi gusti in materia di polsini, potrà anche raccontarti qualche curiosità mentre ti misura dalla testa ai piedi o aggiusta con gli spilli l’abito imbastito. Doppiopetto è una sartoria di eccellenza, nata da un’idea di Claudio Grosso che dopo una carriera nel mondo delle auto di lusso ha deciso di passare al vestito da uomo che senz’altro dice di te qualcosa in più di una fuoriserie.

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Note a margine

a cura di Alice Serrone

· Nota 1 \ Valore al tessuto

Il tessuto è un prodotto industriale costituito da una falda fabbricata con materiali tessili, di lunghezza indeterminata, di larghezza limitata e di spessore tenue. È dotato di una flessibilità conveniente in ogni senso e possiede caratteristiche di solidità, compattezza e aspetto profondamente variabili secondo l’uso cui è destinato. 

Accade spesso, che vengano accostate indistintamente stoffa e tessuto, come fossero sinonimi. 

La stoffa è una tipologia di fibra tessile utilizzata per il confezionamento di capi di tappezzeria, biancheria ed abbigliamento. Il termine stoffa custodisce una preziosa radice eziologica: confezionamento o rivestimento. Il termine tessuto attiene alla lavorazione ed all’intrecciamento dei fili. Affinché si guardi nel mezzo della feritoia che intercorre fra stoffa e tessuto, è necessario comprendere il processo di lavorazione delle fibre tessili. 

La lavorazione avviene mediante la tecnica dell’armatura, cioè l’intreccio tra i fili delle fibre che modifica la caratteristiche stesse del tessuto. L’intreccio è ottenuto dall’abbraccio fra trama e l’ordito, ovvero la complessità di intreccio dei fili tesi sul telaio.

· Nota 2 \ Complessità del lavoro

La natura multidisciplinare della sartoria ha radici sia nella complessità artigiana ed anche nella capacità relazionale, emotiva e nell’engagement che il sarto deve essere in grado di creare, elaborare e padroneggiare. Limitata rischia di essere, la visione della sartoria come mera realizzazione di un capo su misura.
Chi commissiona un capo desidera raccontarsi attraverso ciò che indossa e apparire secondo precisi canoni estetici: vuole che la propria giacca lasci intender la professione che esercita; che alla cravatta di seta comunichi il proprio estro estetico; che i bottoni in madre perla del  blazer esternino la costante ricerca della raffinatezza. Compito del sarto è, attraverso affinità relazionali, raccontare al cliente l’esperienza sartoriale nella sua totalità. In tal senso la cura del materiale, la condivisione delle scelte, l’attenzione e la precisione dei processi corrispondono al pendersi cura del cliente, come cura della persona e delle sue specificità.
La bidirezionalità della relazione prevede che l’ascolto del cliente diventi attivo, che si innesti fiducia mediante una comprensione guidata e rispettosa.
Il cliente non indossa semplicemente l’abito, bensì diviene attore protagonista di un’esperienza che esula dall’abito stesso. Reinventare tessuti e tessere nuove relazioni. 

· Nota 3 \ Riconoscibilità

Il marchio e l’etichetta sono gli strumenti di comunicazione che, più di tutti, aderiscono al prodotto per raccontarne la storia. A volte il fascino dell’abito anonimo sta nell’omissione visiva, nel dettaglio nascosto, nella cifra stilistica non ostentata.
L’interno di un taschino, la lucentezza di un bottone, il bordo di una manica, il retro di una cravatta, la disposizione dei bottoni sulle maniche, le proprie iniziali ricamate sul capo. Labile è il confine, che la sartoria rispetta, fra anonimato e ostentazione.
“Est modus in rebus”, sosteneva nelle Satire Quinto Orazio Flacco, mantra dell’equilibrio costante cui la dimensione sartoriale è chiamata.

· Nota 4 \ Made in Italy 

Abitiamo in un mondo in cui la distanza fra realtà e storytelling è sempre più sottile e difficile da comprendere. All’interno di tale logica si inserisce la narrazione epica del made in Italy, della ricerca di questo marchio senza però comprenderne dinamiche e identità.
Il made in Italy rischia di appiattire la capacità di comprensione critica e di discernimento del consumatore. Made in Italy nell’opinione comune vorrebbe esprimere l’eccellenza della creatività, della manifattura e della maestria, garanzia di qualità e di perfetta eleganza e raffinatezza. Questa però rischia di essere una interpretazione semplicistica poiché un prodotto che è stato realizzato in due o più paesi è comunque considerato originario dell’ultimo paese nel quale è stata effettuata l’ultima trasformazione.
Ciò vuol dire che leggere Cashmere 100% made in Italy significa avere tra le mani un capo, che è stato rifinito in Italia, dunque italiano, il più delle volte solo per il 30%.
Molte imprese italiane, molti brand di moda decidono di spostare la propria filiera produttiva dove la manodopera è meno costosa, nella speranza che il prestigio del marchio venga preservato. La certezza che un oggetto fatto in Italia debba essere necessariamente il migliore potrebbe ubriacare il consumatore ed influenzarne conseguentemente le scelte di consumo. Dunque è giusto lodare il made in Italy vero, quello che non sottopaga i lavoratori, che non importa dall’estero, che tiene conto della sostenibilità ambientale, che pensa, programma e realizza il prodotto finale nel rispetto complessivo delle norme e che utilizza materie prime italiane.

· Nota 5 \ Riscoperta di sé

L’educazione alla sartorialità accompagna il cliente nel percorso di riscoperta di sé. Entrare in un atelier significa plasmare il proprio sentire estetico, dargli forma. L’esperienza di un abito sartoriale dona al cliente l’opportunità di una conoscenza nuova della propria corporeità, di coscienza delle proprie forme estetiche, e della loro valorizzazione.
Un difetto, celato dall’abito sartoriale, smettere di essere tale. Una consulenza intima per sentirsi bene e consapevoli di sé. L’esperienza sartoriale è una metamorfosi estetica di quelli che si pensavano difetti e si riscoprono come plus di un corpo possediamo, ma che non conosciamo a fondo. Una camicia che avvolge la generosità dei nostri fianchi, un pantalone che raffina la robustezza delle cosce, la morbidezza di una giacca che accoglie la rotondità di un addome abbondante. Il sarto favorisce l’espressione del modello estetico che più ci rappresenta e ci permette di scegliere la maschera sociale che indossiamo con maggiore naturalezza.

· Nota 6 \ MayFair

Quando lessi la risposta di Julia invece che gioire mi tremarono le gambe. Provai paura, non mi sentivo all’altezza di una donna così bella, elegante e piena di fascino. Lei era la perfezione estetica, io un agente di borsa stressato ed in sovrappeso.  Le dissi che l’avrei portata a cena nel ristorante più lussuoso di TriBeCa. Chiamai John e dissi che gli avrei raccontato tutto nel solito bar.
“John, ha accettato il mio invito capisci ?!”, dissi mentre ordinavo due birre. “Ok, calma Tony, è solo il primo passo. Lei sarà elegantissima, ti serve un vestito adatto all’occasione! Vai a Bond Street, fanno dei blazer su misura incredibili!” 

“Non li conosco, strano, sicuro siano bravi?”, domando.

“Amano la riservatezza, sono discreti e lavorano con clienti selezionati. Preferiscono far parlare di loro, piuttosto che fare pubblicità. Sono i migliori sulla piazza. Dì che ti mando io!” 

“Grazie John, mi hai salvato!”, gli risposi. “Per il resto sii cortese e rilassato, vedrai andrà bene!”, mi disse prima che ci salutassimo. 

Uscito dal bar, mi fiondai a Bond Street. Appena entrato fui accolto con un bicchiere di scotch. Il commesso con elegante cortesia mi condusse all’interno dell’atelier.
Il sarto e  il suo assistente ascoltarono le mie richieste e capirono l’importanza che quel completo avrebbe avuto per me. Volevo che i miei fianchi e la mia pancia scomparissero.
Mi vennero prese le misure con una accuratezza lenta: le spalle, il torace, la vita, il bacino, le braccia, la coscia, il cavallo, ed infine il fondo.
Sarto ed assistente analizzarono e capirono la mia corporeità con grande precisione.
Scegliemmo insieme il tweed come tessuto per il blazer ed il pantalone per la morbidezza, l’elasticità, l’ampiezza di movimento.
Due giorni dopo tornai a Bond Street per la prova definitiva.
Scegliemmo con cura tutti i dettagli: la lunghezza delle maniche del blazer avrebbe dovuto lasciar intravedere i polsini, le impunture del taschino avrebbero dovuto esaltare la semplicità elegante del blazer, i bottoni in argento per aggiungere un tocco di raffinatezza, le fodere del pantalone avrebbero dovuto rendere esclusivo il pantalone, le tasche  sarebbero dovute essere spaziose e la seduta comoda.
Qualche giorno dopo mi venne recapitato a casa il completo in una custodia elegantissima che in basso a destra, cucita, riportava una targhetta con il mio nome.
All’interno un cordiale bigliettino di ringraziamento per la preferenza espressa e di in bocca al lupo per l’appuntamento.
Con il completo addosso sentivo il mondo ai miei piedi, ero sereno e determinato.
Quella volta passammo una serata magnifica, ridemmo tanto.
Julia con una incredibile luce negli occhi mi disse “Questo completo Tony ti sta benissimo, ti slancia, sembri diverso!” La ringraziai tacitamente con un sorriso.
Dopo un paio di settimane ci saremmo messi insieme, e dopo due anni ci saremmo sposati. “Volevi sapere la storia di me e mamma, eccoti accontentato piccola peste!”, dissi a Lou rimboccandogli le coperte. “Adesso spegni la luce e va a dormire. Domani c’è la scuola.” 

· Nota 7 \ Frenare in un mondo iperattivo

L’iper velocità del mondo impone ritmi umani che rischiano di produrre un irreversibile scollamento rispetto alla socialità. In tal senso la sartoria rappresenta una finestra di diversità. La prima e la seconda prova, tappe importanti del percorso conoscitivo fra cliente e sarto, sono un rallentamento temporale all’interno del quale vi è tempo per l’altro, per il suo ascolto e per la comprensione della sua fisicità. Entrati in un atelier pare che il tempo resti sospeso.
L’occhio del sarto che diventa lo specchio della propria fisicità.
Il sarto è osservatore e conoscitore degli uomini e della loro corporeità, sa come valorizzarla, come nasconderne i difetti, come armonizzarne le forme.
Avvolgere la prosperità dei fianchi, nascondere la robustezza dell’addome, garantire la comodità e la vestibilità di una camicia anche da seduti, realizzare un pantalone che non stringa sul polpaccio e che lasci lavorare in libertà i muscoli della coscia, una giacca che rimanendo elegante consenta di non doversi sottrarre alla comodità.
Il sarto trova il tempo per il centimetro della manica che non corrisponde, per l’impuntura particolare, per il bottone e per le fodere interne personalizzati, per le iniziali ricamate, per l’orlo del pantalone più morbido, per una tasca un pò più ampia, per il taschino caratterizzi la giacca, per regolare la rigidezza del colletto.

· Nota 8 \  Il sarto tagliatore e il tema dell’irreversibilità

Il sarto tagliatore interviene, incide, taglia, cuce, dimensiona, modella e sovrappone i tessuti. Il tagliatore, solitamente il sarto più esperto, lavora mediante una forbice al tavolo, cioè poggiata sul piano di lavoro, lunga trenta centimetri.
Il gesto del sarto tagliatore è irreversibile ed interviene sul cartamodello con dei tagli in diagonale lungo la trama, nel passaggio che va dalla messa in carta bidimensionale alla tridimensionalità, propria di un capo che poi verrà indossato.
Il sarto conserva una serie di margini di tessuto attraverso la sovrapposizione dello stesso in punti specifici del capo chiamati rimessi. Fondamentale, rispetto ad un prodotto finale che rispetti i requisiti dell’alta sartoria, che non si abusi dei rimessi.
Questo margine di controllo è affidato all’esperienza che il tagliatore ha accumulato all’interno del suo bagaglio professionale e ne fa una mansione di grande responsabilità in relazione alle risposte che cerca e ottiene dai tessuti con i quali lavora ed alla perfetta riuscita finale del capo. La cesura che effettua il sarto tagliatore è definitiva ed irreversibile. La nettezza del taglio dalla quale non si può tornare indietro rimanda alla decisività del nodo gordiano o alla irreversibilità del taglio del cordone ombelicale  operato alla nascita.

· Nota 9 \ Permanente e tridimensionale

La stiratura è un processo determinante che apporta all’abito sartoriale delle modifiche che hanno effetto permanente. Il tessuto del capo subisce dunque un cambiamento irreversibile, sul quale il sarto interviene imbastendo, cucendo e chiudendo.
Vengono effettuati più processi di stiratura prima di dare la forma definitiva al capo. Questo momento di finissaggio conferisce tridimensionalità ai tessuti, in modo che questi possano adattarsi meglio alle curve, alle rotondità, alle spigolosità, agli archi di movimento, alle gestualità, alle abitudini, alle esigenze di spazio, libertà e comodità del corpo che indosserà il capo sartoriale.
La nuova dimensionalità conferita al capo permane anche qualora l’abito dovesse essere sottoposto al lavaggio. L’abilità del sarto sta nella comprensione della gestualità corporea di chi vestirà il capo e nell’interpretazione dei movimenti come risposte rispetto alle possibili scelte dei tessuti.
Se ha di fronte un avvocato, un manager, un formatore, un docente o un libero professionista che trascorrono gran parte della giornata gesticolando e muovendo le braccia, il sarto pone particolare attenzione alla cucitura della giacca dalla quale dipende la libertà di movimento delle spalle e delle braccia. Lo stesso imperativo di comodità e funzionalità verrà considerato rispetto ad un pantalone che soddisfi in termini di eleganza e funzionalità; che lasci ampiezza di movimento ad un corpo posto in continua dinamicità, che non si strappi nel fondoschiena quando ci si abbassa repentinamente.
L’abito non più indossato, bensì un abito che accoglie, avvolge e si lascia indossare. 

· Nota 10 \ Fatto esclusivamente a mano?

Il cuore pulsante della sartoria sta nella simbiosi fra i passaggi, i processi, le lavorazioni con ago e filo e  l’utilizzo, comunque gestito mediante la mano precisa ed esperta del sarto, della macchina da cucire.
I processi e le lavorazioni fatte a macchina, comportando maggiore tensione dei tessuti, fanno sì che i capi sartoriali abbiano robustezza. I passaggi che invece vengono eseguiti a mano con ago, filo e ditale, caratterizzati da una cucitura assai meno fitta, conferiscono all’abito morbidezza e comfort. Risulta indispensabile una logica di equilibrio dei processi dalla quale venga fuori un prodotto che abbia la comodità di un capo su misura, che accolga e rispetti la fisicità di chi lo indossa, che abbia la robustezza di un capo sartoriale e che non tradisca la libertà di movimento. La mano che muove la macchina: una cooperazione attraverso la quale il sarto governa i tessuti e li educa ad una risposta precisa rispetto alla corporeità di chi indosserà il capo. Una matrimonio di tecnica e pensiero dal quale, per la sartoria, è impossibile prescindere.

· Nota 11 \ Singolarità del capo

La realizzazione di un capo sartoriale prevede una serie articolatissima di variabili che intervengono all’interno dei differenti processi di manifattura. Le principiali riguardano le diverse tipologie di tessuto e le tecniche di taglio che possono essere impiegate.
L’incastro di queste variabili genera illimitate potenzialità di sviluppo dell’abito, poiché il tessuto reagisce diversamente sia rispetto alla fisicità del cliente sia rispetto alla modalità sartoriale di taglio che viene adoperata.
La stessa tecnica di taglio realizzata con tessuti differenti genera abiti che si adattano a contesti sociali ed esigenze diverse. Vi è un legame inscindibile fra unicità ed evocazione emotiva, fra materiale e situazione. Quando oggi vediamo tornare di moda tessuti morbidi, leggeri e baldanzosi come lo chiffon, il tulle, l’organza, la seta, impreziositi da frange e perline o ancora le gonne plissé, immediatamente il nostro immaginario collettivo viene catapultato in una epoca ormai passata, quella del jazz, del charleston, del fox-trot, dei ruggenti anni Venti e Trenta, che rivivono nel bisogno un pò “garçonne” diventato attualissimo.
Le ragazze di oggi, come quelle degli anni venti, vogliono essere indipendenti e libere, dunque anche il vestiario, allora come oggi, richiama il ritorno di abiti pratici che diano maggiore libertà di movimento.  Gli anni Venti furono gli anni della scoperta del tessuto jersey nato per la realizzazione di capi da pescatore sull’isola nel canale della Manica da cui prende il nome. Elastico e luminoso, ideale per la realizzazione di camicette con scollo alla marinara, di morbide gonne a vita bassa, di giacche, di maglioni, di cardigan, del tailleur classico e del tubino nero lanciato nel 1926 da Gabrielle Chanel che si concentrò proprio su tessuti, prima ritenuti umili, che garantissero funzionalità e comodità senza rinunciare alla finezza.
Tessuti come le lane tweed, il pied de poul ed il principe di galles per i gessati vennero ereditati dalle divise della guerra. Anche all’uomo venne concessa più comodità: le spalle delle giacche così come i pantaloni si allargarono un pò.
Si diffusero inoltre gli spezzati, il doppiopetto, i colori chiari entrarono a far parte dei guardaroba, ebbero legittimità estetica i risvolti ai pantaloni. Il principe di Galles  ebbe un enorme impiego: elegantissimo e ricco di stile, adatto alle occasioni formali ed informali. Un tessuto a trama bicolore caratterizzato dall’alternanza di quadri grandi, quadri più piccoli e pied de poule.
Le origini di questo tessuto risalgono al 1800, quando Giorgio IV chiese ad un gruppo di benestanti inglesi trasferitisi in Scozia di indossare colori e trame diversi da quelle delle persone del posto, che divenne principe di Galles in onore proprio del re. Il tessuto raggiunse il culmine di utilizzo e di popolarità negli anni Venti.
Pensiamo allo smoking indossato dallo sposo durante la cerimonia: il tessuto sintetico brillante deve evocare lo status emotivo di chi lo indossa e deve rifletterlo al centro della scena. O ancora alla libertà e all’ampiezza di movimento che il lino stropicciato offre ai golfisti sui prati dei green tra uno swing e l’altro, tra una buca e l’altra.
I tessuti dunque sono profondamente legati alle rivoluzioni, alle tendenze, ai cambiamenti, ed ai contesti storici e sociali.