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Stefano Quadro

falegname · Slow-wood

/ma·tè·ria/ · /vi·vèn·te/ · /in·cà·stro/ · /va·rie·tà/ · /spac·cà·re/ · /James Krenov/ · /pusaquadret/ · /fràs·si·no/ · /nó·ce/ · /mas·sèl·lo/ · /less is more/ · /nakashima/ · /so·stàn·za/ · /la·mi·nà·to/ · /lì·mi·te/ · /bi·o·lo·gì·a/

Il legno massello come metafora della complessità. La sua natura imprevedibile, i restringimenti dovuti al tempo, la sua struttura cellulare che si manifesta nelle sue caratteristiche macroscopiche sono una sfida per il falegname. Troppo spesso abituato ad un legno ricostruito, laminato, artificiale, ritrova nella ricchezza della materia, nel suo spessore genuino, nel profumo non mascherato dalla verniciatura i valori del prodotto destinato a durare e fatto a regola d’arte. Stefano Quadro ha una formazione da biologo e conosce il legno nella sua morfogenesi, ci ha aiutato a comprendere il valore di questo materiale il cui uso è antichissimo ma ogni giorno meno conosciuto. Quando non si sa più distinguere tra un materiale la cui forma è artificiale ed uno naturale, quando si confonde il pino con il rovere, quando si dimentica che il legno è vivo, non solo il lessico si riduce ma anche gli strumenti della progettazione si fanno più poveri, più omologati. Il legno ha un fascino, una durata, una sostenibilità che i materiali artificiali non conoscono. Un incastro fatto con lo scalpello trasmette una forza e una cura che meritano il nostro ascolto.

Note a margine

a cura di Laura Izzo

· minuto 13:00 \ Nota 1 \

In un mondo di frenesia e corsa alla produttività, i piccoli promotori del godimento emergono sempre più a testa alta, e la ricerca del “lento” diventa fondamentale. Come Carlin Petrini con il suo Slow-food, così Stefano Quadro promuove un artigianato autentico, di qualità, in grado di portare con sé i valori primari della materia e del lavoro: lo Slow-wood. La conoscenza personale dei materiali, l’amarli e il prendersene cura accompagna il lavoro slow. Ad una
produzione spersonalizzata, lo stile Slow, nel food così come nell’artigianato manuale, contrappone una deliberata scelta di stile: dissociazione dai canoni prestabiliti di un commercio standardizzato, e adesione a valori autentici quali semplicità, cura, attenzione, amore per la materia.

· minuto 26:08 \ Nota 2 \

L’opinel è un coltellino di nascita savioarda, ormai diffuso non solo tra chi di mestiere incide ma è un utensile di uso comune. È il primo strumento per l’approccio alla materia in quanto semplice, ma tagliente e preciso. Le sue caratteristiche principali sono due: è pieghevole e dispone di un manico in legno, creato con un’apposita scanalatura per dare posto in chiusura alla lama pieghevole. Gli strumenti semplici, per loro definizione, quelli che introducono alla pratica e insegnano a maneggiare un materiale e una gestualità, sono la base per ogni modello educativo che proponga una sperimentazione anziché una privazione. Ne parla anche Gever Tulley, in una famosa Ted talk, intitolata “Le 5 cose pericolose da far fare ai vostri figli”, dove promuove un’educazione improntata a trattare i bambini come piccoli adulti. Una capacità importante da sviluppare in tenera età è infatti la manualità, e il riconoscere i rischi che questa, con l’utilizzo di attrezzi, comporta. In questo senso, volendo imparare a maneggiare un coltello, l’opinel è lo strumento ideale del principiante.

· minuto 31:40 \ Nota 3 \

Il gruccione è un uccello variopinto del quale riproduce gli straordinari colori questa affascinante cassettiera di Stefano Quadro. Il piumaggio riprende i colori del castano, virando poi verso azzurro, giallo, verde, nero e arancione. L’utilizzo del “naming” all’interno del mondo dell’artigianato non è consueto: facilmente si può comprare un “armadio”, un “comodino” o uno “scaffale a muro”, ma difficilmente si troverà una “Libreria Iacopo” o un “Tavolino Achille”, come è più consueto accada nel mondo del design degli interni. Questa però non è una questione di settore merceologico, ma piuttosto di attitudine, in quanto il mondo
dell’artigianato tende a non utilizzare gli strumenti del marketing. L’intuizione vincente di Stefano Quadro è quella di donare una personalità al suo lavoro, dandogli un nome preciso.
L’artigiano in questione si distingue dalla consuetudine del suo settore anche firmandosi, e dunque battezzando il suo prodotto e riconoscendosi come “padre”.

· minuto 45:30 \ Nota 4 \

L’anisotropia è una proprietà della materia, per la quale un determinato ente fisico ha caratteristiche che cambiano in base al verso in cui viene trattata. Il legno è un materiale anisotropo, che cambia comportamento in base alla direzione secondo c ui viene lavorato.
Motivo per cui il lavoro da praticare su di esso muta in base alla scelta di lavorarlo in vena o contro vena. Il falegname deve conoscere profondamente il materiale, e si trova costretto a livello di comprensione molto alto. Il legno richiede umiltà e conoscenza allo stesso tempo, il saper sottostare alle leggi della natura e poter creare. Anisotropia è conoscenza e controllo. Non si tratta di sottostare alla natura, ma di conoscerla, gestirla, controllarla, trasformarla.

· minuto 56:03 \ Nota 5 \

La pialla anglosassone e la pialla giapponese hanno la stessa funzione, ma diversa applicazione.
Da un lato abbiamo la classica pialla, quella di origine anglosassone e di utilizzo occidentale, dove lo strumento viene spinto verso l’esterno, ed è posizionato in una morsa apposita. La pialla giapponese, d’altro canto, si oppone diametralmente, sia per modalità d’uso che filosofia di lavoro. In entrambi i casi l’artigiano deve gestire il legno; il falegname anglosassone “imprigiona” il legno nella morsa, e così facendo lo tiene sotto controllo. Il lavoro nipponico, invece, gestisce il materiale con i talloni, senza incastrarlo in una morsa metallica. La diatriba tra le due filosofie si basa sull’opposizione leggerezza orientale, pesantezza occidentale. Casa di legno contro casa di pietra.
All’interno di questa dicotomia mondo anglosassone-nipponico si inserisce anche l’utilizzo di uno degli strumenti principe della falegnameria: la sega. La principale differenza tra quella giapponese e quella occidentale è che la sega giapponese è a tiro invece che a spinta.
Ancora una volta dunque la dialettica tre le due culture influenza il lavoro e l’approccio al materiale, rispecchiando la propria personalissima filosofia.

· minuto 57:36 \ Nota 6 \

Bottega Ghianda è nata in Brianza a metà dell’Ottocento e nel corso degli anni è riuscita ad affermarsi come una delle prestigiose eccellenze italiane del manufatto ebanistico. Negli anni Settanta Pierluigi Ghianda portò la bottega ai suoi massimi splendori; lo chiamavano il “poeta del legno”. Grazie a lui la bottega inizia collaborazioni con alcuni dei più famosi progettisti del tempo, come Gae Aulenti, Matteo Thun, Cini Boeri e tanti altri. Il loro più grande orgoglio è la loro filosofia del lavoro: uniscono a un “saper fare” un “saper pensare”, dove il pensiero e la creatività non sono mai separati dal lavoro manuale. Il poeta del legno descrisse così la sua personale opinione del lavoro sul legno: “Quando faranno delle macchine con dei polpastrelli che sentono come le dita e con degli occhi che vedono come i nostri, allora ne comprerò dieci.
Ma fino a quel momento, che nessuno mi venga a raccontare che le macchine funzionano meglio di un uomo per la lavorazione del legno!”.

· minuto 1:00:39 \ Nota 7 \

James Krenov, di nascita russo, di adozione scandinavo e poi californiana, racconta che a 6 anni già si costruiva i giocattoli in legno da solo, incidendoli con un coltellino. “It was a joy to me that I could rely on my hands and my eyes to produce things.” (“Era un gioia per me il fatto che potessi contare sulle mie mani e sui miei occhi per produrre cose.”) racconta Krenov. Oltre ad essere divenuto mastro falegname, e ad essere ricordato con l’appellativo di “cabinet maker”, si specializzerà anche nella fabbricazione di barche e battelli. Dopo aver avviata la sua personale produzione di manufatti, Krenov inizia a diffondere la sua arte attraverso l’insegnamento.
Iniziando con conferenze qua e là, giunge nel 1981 al College of the RedWoods in California e avvia il programma di Fine Woodworking. I vent’anni di insegnamento lo hanno consacrato alla storia come uno dei più carismatici, testardi, insegnanti e amanti della materia. L’America è stata la sua ultima patria, dove morì nel 2009, lasciando in eredità i suoi saperi alle centinaia di
studenti che ebbe nel corso degli anni.

· minuto 1:04:06 \ Nota 8 \

Negli anni della Seconda Guerra Mondiale, George Nakashima inizia a studiare le forme del legno, a usare gli attrezzi e a comporre i suoi primi mobili, appassionandosi alle linee del design giapponese. Il suo manufatto simbolo sono tavoli costruiti con lastre di legno, perfettamente lisce e levigate in superficie, ma con i bordi lasciati grezzi e naturali. “Each tree not only has a different size and shape, but color and character, and each board from each tree has a distincly different personality”, (“Ogni albero non ha solo differente dimensione e forma, ma anche colore e carattere, e ogni tavole proveniente da ogni albero ha una distinta diversa personalità.”) così la figlia del maestro parla del lavoro del padre. La sua filosofia del lavoro si basa sul rispettare la bellezza della foresta, e portarne i valori e i profumi nelle case degli americani, celebrando la diversità e le peculiarità di ogni pezzo di legno che diventa manufatto. Secondo lui, l’albero è l’elemento della natura più a contatto con la terra, con l’origine, e l’artista o il
falegname hanno il dovere e il diritto di essere un tramite, tra la Natura e l’Uomo.

Bibliografia

James Krenov, The Fine Art of Cabinetmaking, 1977

Antonio Turco, Coloritura, verniciatura e laccatura del legno, 1988

R. Bruce Hoadley, Understanding Wood: A Craftsman’s Guide to Wood Technology, 2000

George Nakashima, Wald, George, The Soul of a Tree: A Woodworker’s Reflections, 2012

Kiyosi Seike, The Art of Japanese Joinery, 2009

Guglielmo Giordano, Tecnologia del legno, 1988

Christopher Schwarz, The Anarchist’s Tool Chest

Robert Wearing, The Essential Woodworker