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Maurizio Feletig

vivaista

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Rose sgargianti, quelle moderne, dagli enormi fiori, ma che hanno perso quasi del tutto il loro profumo, immaginate per sedurre o per stupire, poco conservano delle loro antiche antenate, forse più rustiche, certamente più piccole, ma dal profumo inebriante che pervade l’aria a molti metri di distanza, la damascena, la centifolia…. Felitig Maurizio cura il suo vivaio in una bella cascina sulle colline alle porte di Torino. Chi brama una rosa dall’ immediata soddisfazione e dai colori arroganti, non troverà nelle sue siepi fiorite, nelle sue roselline rampicanti, ciò che cerca; chi invece desidera qualcosa che appaghi non solo l’occhio ma anche la mente e il cuore, scoprirà che le rose antiche hanno un fascino sottile che le rende incomparabili. Feleitig è di queste ultime, un conservatore, le moltiplica, le diffonde, nei più bei giardini del Piemonte, ad arrampicarsi sulle spalliere, a ricoprire i muri, a riempire l’anima.

Note a margine

a cura di Martina Bianchi

• MINUTO 8:25 \ Nota 1 \

IL GIARDINO: DALLE GEOMETRIE ITALIANE ALLA SPONTANEITÀ INGLESE

Ordine, geometria, eleganza e forme regolari: sono queste le caratteristiche del giardino all’italiana, che ha saputo imporsi nei secoli come luogo del piacere e dello svago. Il giardino all’italiana nacque a Firenze nel XVI secolo, quando la tradizionale corte della Villa medicea di Castello divenne, per opera dell’ingegno di Niccolò Tribolo, un giardino compiuto, modello di integrazione tra architettura e paesaggio e di armonia tra uomo e natura. I migliori artisti del tempo realizzarono infatti opere straordinarie, capaci di modificare la natura in favore dell’uomo e del suo diletto. Sarà in questi spazi verdi che gli amanti dell’ordine e del rigore adoreranno passeggiare: dove statue, pergolati, incantevoli topiarie e labirinti s’incontrano per creare qualcosa di unico. Se i giardini dovevano esprimere gli ideali di bellezza e armonia del Rinascimento, ben presto essi divennero strumenti di manifestazione di potere del duca dominante. Fu così che Cosimo I commissionò la decorazione della sua corte con statue e fontane allegoriche. Figure mitologiche, divinità classiche, creature reali e fantastiche popolano il Giardino e si animano grazie a un complesso sistema idraulico che permette di azionare spettacolari giochi d’acqua. A partire dalla seconda metà del 700, si consolidò un graduale abbandono dell’ordine razionale del modello italiano. Un mutamento estetico ispirato dalle correnti filosofiche, artistiche e letterarie del romanticismo, che tra le loro peculiarità presentavano una forte ammirazione per la natura e le sue espressioni più selvagge. In principio, furono proprio scrittori come Addison e Alexander Pope a sottolineare la qualità estetica della spontaneità della natura rispetto al formalismo dei giardini rinascimentali. Così nel caso del giardino all’inglese, oltre agli aspetti puramente estetici, il paesaggio fu portatore di un importante carico morale e filosofico. Nel giardino all’inglese tutto deve apparire naturale, spontaneo. I vialetti tortuosi portano il visitatore in angoli nascosti. Lasciati indietro gli schemi dello spazio verde geometrico e regolare, il giardino incorpora spazi che si svelano poco a poco, sorprendendo alla vista di laghetti, fontane, grotte, ponticelli; luoghi dedicati alla contemplazione della natura. Il giardino all’inglese nasce per stimolare l’esplorazione, la scoperta favorendo l’emozione nel rapportarsi con la natura, in tutta la sua bellezza e autenticità.

• MINUTO 14:24 \ Nota 2 \

GALATEO DEL CHELSEA FLOWER SHOW

Il Chelsea Flower Show è la più importante esposizione floreale della Gran Bretagna. Ma non solo. Sin dal suo esordio, organizzato nel 1862 dalla Royal Horticultural Society (RHS), questo show rappresenta l’evento più atteso della London Season. Una miriade di VIP, figure dell’alta società e membri della Famiglia Reale partecipano ogni anno e come ogni evento all’inglese anche il Chelsea Flower Show ha delle regole di galateo che è bene rispettare, se si vogliono tenere a bada i bisbigli delle lady e dei gentleman. Ufficialmente non esiste un codice di abbigliamento, come può essere per il Royal Ascot dove: «Abiti e gonne dovrebbero essere di lunghezza modesta definita come appena sopra il ginocchio o più lunghi. […] I cappelli dovrebbero essere indossati; tuttavia, un copricapo che ha una base solida di 4 pollici (10 cm) o più di diametro è accettabile come alternativa a un cappello». (https://www.ascot.com/what-to-wear/royal-ascot/royal-enclosure/ladies). Ad ogni modo, ogni anno, in prossimità del grande evento, i magazine e i fashion blogger rilasciano articoli dettagliati su come vestirsi al Chelsea Flower Show: le donne dovrebbero scegliere degli abiti da giorno (preferibilmente floreali) invece dei pantaloni, e gli uomini dovrebbero indossare giacca e cravatta. Assolutamente vietati sono gli enormi cappelli che bloccano la vista e gli abiti sgargianti che sminuiscono i giardini. E se da perbenisti e puritani inglesi non ci si aspetta che bere alcolici prima di mezzogiorno sia permesso, allora ci si sbaglia. Gli eventi della stagione sono la scusa perfetta per bere durante un giorno infrasettimanale, e il Chelsea Flower Show non fa eccezione. Dopotutto, nel sondaggio della Global Drugs Survey del 2021, il Regno Unito si aggiudicò la quinta posizione nella classifica mondiale per assunzione di alcol. (Winstock Ar, Maier Lj, Zhuparris A, Davies E, Puljevic C, Kuypers Kpc, Ferris Ja & Barratt Mj. (2021). Global Drug Survey (Gds) 2021 Key Findings Report). Ogni anno, milioni di turisti hanno l’opportunità di passeggiare attraverso giardini spettacolari progettati da famosi designer, di incontrare vivaisti e fiorai di fama mondiale. Qualcuno di loro potrebbe tentare di mostrare le sue conoscenze orticole, magari condividendo la propria opinione a una modesta coppia di anziani. Un consiglio: non fatelo. Probabilmente sono compagni della RHS e potrebbero aver avuto delle piante che hanno preso il nome da loro. Ma se proprio si vuole correre il rischio: “Manners makyth man”. ‘Grazie’, ‘per favore’, ‘dopo di te’ sono parole da mettere in cima al vocabolario della RHS Chelsea. Le buone maniere sono fondamentali in questo evento e bisogna esserne consapevoli in ogni momento, specialmente quando si offre un’opinione. Meglio lasciare le critiche per il viaggio di ritorno a casa: molto inglese, molto adatto.(https://www.standard.co.uk/lifestyle/london-life/chelsea-flower-show-2015-an-etiquette-guide-to-the-rhs-floral-spectacular-10260419.html). La RHS, ad ogni edizione, incoraggia l’esposizione di giardini sempre più all’avanguardia con la presentazione di una grande varietà di idee, suggerimenti e composizioni per ogni tipo di giardino, dal più grande al più piccolo. Ma vieta l’uso di accessori innocui ma popolari visti nei giardini di tutto il paese: gli gnomi da giardino. Le figure furono bandite dal Chelsea nel 1990, proprio l’anno in cui John Major, figlio di un fallito produttore di gnomi da giardino, entrò a Downing Street come Primo Ministro. La decisione è stata presa per evitare che il Chelsea diventasse troppo “pacchiano”. Fino ad ora c’è stata una sola eccezione a questa regola, in occasione della centesima edizione, nella quale sono state eccezionalmente esposte le «creature mitologiche in colori brillanti», come sono definiti nel regolamento della mostra. Le regole proibiscono anche «palloncini, piume, e tutte le cose che, secondo il parere della società, distraggono dalla presentazione delle piante e degli altri oggetti esposti». Insomma il Chelsea Flower Show, non è solo un’esposizione floreale. Potremmo definirlo lo specchio che evidenzia i tratti salienti dell’alta società inglese: apparenza, raffinatezza e snobismo. Atmosfere di perbenismo che investono tutti gli eventi della London season. Tradizioni che rispecchiano perfettamente l’epoca di origine della loro creazione: laddove le apparenze e le buone maniere erano il fine perseguito dai più, ma l’ipocrisia regnava sovrana.

• MINUTO 15:55 \ Nota 3 \

LA FEBBRE DEI TULIPANI

Quattrocento anni prima del caso Bitcoin, l’Olanda ha sperimentato per prima quell’euforia irrazionale di possedere un bene. Questo fenomeno venne chiamato “febbre dei tulipani” e si trattò della prima bolla speculativa documentata nella storia del capitalismo. Il tutto cominciò nel 1593 quando un professore di botanica, Carolus Clusius, portò i primi bulbi di tulipano in Olanda. Da quel momento in poi questo fiore raggiunse punte di entusiasmo così sfrenato che le sue varietà meno comuni diventarono rapidamente merce di lusso, ambite com’erano dalla classe borghese e dai ricchi mercanti. Particolarmente popolari erano quelli dai petali striati, come il famosissimo “Semper augustus”: tulipano rosso con screziature bianche. Questi bulbi avevano anche una insolita genesi: la screziatura, infatti, non era dovuta ai geni dei fiori ma a una malattia virale che li rendeva estremamente fragili. La varietà, riprodotta dai bulbilli, subiva quindi una sorta di “degenerazione” col passare del tempo fino a perdersi e divenire troppo debole. Ovviamente, questa fragilità dei tulipani più belli e rari non era conosciuta alla massa di investitori, che presero queste screziature come un segno di valore: più petali del fiore erano “infiammati”, più questo valeva. Ben presto la febbre dei tulipani crebbe a dismisura, anche a causa dei venditori che facevano ordini sempre più carichi contando sul fatto che il loro valore avrebbe continuato a salire. Raggiunti in questo modo prezzi esorbitanti, alcune persone iniziarono a liquidare i loro investimenti vendendo la merce. Si scatenò allora un’isteria del mercato: la domanda di tulipani superò ben presto l’ offerta a causa del loro lento ciclo riproduttivo, cosicché i prezzi delle specie più ricercate di questo fiore subirono delle continue spinte al rialzo. Nel febbraio del 1637, si diffuse la voce che non c’erano più compratori dati i prezzi raggiunti, il mercato crollò improvvisamente in tutto il paese, e in pochi giorni divenne impossibile vendere tulipani, a qualunque cifra. Coloro che avevano ipotecato i propri beni e scambiato i propri averi contro la speranza di un rapido guadagno patirono una perdita irrimediabile. Ovviamente, questa corsa sfrenata a ciò che non si può avere non è un fatto storico rimasto risolto nel 1600. Anche ai nostri tempi i tulipani continuano a mietere vittime, ma in maniera più sottile, riproducendo la loro storia in altri strumenti finanziari, in titoli che ci danno l’illusione di essere destinati a salire sempre e a non scendere mai.

• MINUTO 20:54 \ Nota 4 \

FIGLIO DI ROSE SPONTANEE: IL CINORRODO

Il Cinòrrodo (o cinorrodónte), dal greco kynoródon, formato da kŷōn, genitivo kynós “cane” e rodón “rosa”, è il falso frutto di alcune rose spontanee, come la rosa canina, da cui di fatto ne deriva il nome. I Cinòrrodi sono ricchissimi di vitamina C e di altre virtù terapeutiche, tanto che il nome, nato nell’antica Grecia, di rosa canina, sorge dal fatto che si ritenevano le sue radici in grado di curare la rabbia provocata dai morsi dei cani. Il significato della rosa passato poi ai Romani è citato da Plinio il Vecchio, che infatti ci conferma come un soldato venne guarito dalla malattia proprio grazie a questa pianta: «Al morso del cane arrabbiato c’è solo uno unico rimedio, trovato, non è molto, per certo oracolo, la radice della rosa salvatica, che si chiama cinoroda.» (Il Vecchio, Plinio. Naturalis historia, 1984). In realtà, le attuali conoscenze farmacologiche hanno escluso che la rosa canina abbia qualche effetto sulla malattia trasmessa dai cani. Tuttavia la medicina popolare ha preso ispirazione dalla sapienza popolare antica per utilizzare il cinorrodo come rimedio per diversi tipi di disturbi, come influenza e raffreddore.

• MINUTO 31:20 \ Nota 5 \

DELL’UOMO E DELL’APE, O NÉ DELL’UOMO NÈ DELL’APE?

«I primi semi di questo libro sono stati piantati nel mio giardino, mentre stavo seminando davvero. […] In quel particolare pomeriggio di maggio, piantavo qualche fila di semi nei pressi di un melo in fiore che vibrava tutto di api. E mi sono ritrovato a pensare: qual è la differenza esistenziale tra il ruolo dell’essere umano e quello dell’ape in questo o in un qualsiasi giardino?» Nelle prime righe del suo libro The Botany of Desire (2009), l’autore Michael Pollan, giornalista e saggista statunitense, paragona il ruolo del “giardiniere” a quello dell’ape, giustificando che quello che sta facendo lui, ovvero spargere i semi di una specie di pianta piuttosto che un’altra, sia la stessa azione che fa l’ape con il fiore: «Probabilmente anche un’ape, all’interno del giardino, guarda se stessa come a un soggetto e al fiore che saccheggia per una goccia di nettare come a un oggetto. Ma sappiamo che la sua è solo un’illusione. La realtà è che il fiore ha abilmente manipolato l’ape affinchè trasporti il polline di fiore in fiore.» Sin dall’incipit Michael Pollan sottolinea come le piante usano i desideri degli animali a proprio vantaggio. Contrariamente alla nostra interpretazione iniziale, l’ape viene effettivamente utilizzata dalla pianta. Allo stesso modo, noi pensiamo in modo automatico all’addomesticamento come a un atto che abbiamo compiuto su altre specie, eppure gli esseri umani scelgono determinate piante per soddisfare i propri desideri di dolcezza, bellezza, intossicazione e controllo, e piante come la mela, il tulipano, la marijuana e la patata si sono co-evolute per sfruttare al meglio questi desideri. Considerando che le piante hanno trascorso gli ultimi diecimila anni a escogitare il modo migliore per nutrirci, guarirci, vestirci, deliziarci, chi sta davvero addomesticando chi?

• MINUTO 55:10 \ Nota 6 \

ATTAR DE ROSES

Sono una città isolata sorta sui fianchi del Sarat. Ogni primavera, mi succede qualcosa di magico. Un abito speciale mi riveste e mi trasforma in un giardino paradisiaco: un manto vellutato composto da migliaia di petali di rosa, che creano un contrasto delicato con l’ocra dorato del deserto. Il mio abito di fiori aromatici si estende da Wadi Mahram ad Al-Hada, avvolgendomi di colori e profumi ineguagliabili. I contadini arrivano al mio campo alla luce dell’alba, lavorano duro sotto il sole per raccogliere migliaia di fiori. Tra le tante rose, sul mio terreno, a duemila metri di altezza, sboccia una varietà preziosa e rara. Gli uomini la chiamano Rosa Damascena Trigintipetala, un tesoro dal valore inestimabile, la cui essenza appartiene solo al loro Re e alle persone a lui più care. Ogni primavera, le rose sbocciano e avvolgono la mia terra, incantando tutti gli uomini che hanno la fortuna di respirare il loro profumo e di ammirare la loro bellezza. Il mio accecante splendore attira da sempre l’attenzione dei visitatori che giungono da ogni parte del mondo per ammirare me: Ta’if, la città delle rose.

• MINUTO 1:00:34 \ Nota 7 \

I NOMI DELLE ROSE

Una sera una fanciulla passeggiava
e nel giardino curiosa si aggirava.
Guardava le rose una per una,
le forme e i colori di ciascuna.

“Ma come si chiamano?” si chiedeva,
immaginando le loro storie, sorrideva.
Lesse le etichette con molta attenzione
e i nomi scoprì con tanta passione.

Vide una rosa dal nome curioso,
dal profumo distinto e vigoroso,
Il suo colore, rosa incarnato
suggeriva il nome a lei dato.

La Cuisse de Nymphe si chiama
per la stessa tinta della coscia di una dama.
Ma in Inghilterra viene battezzata
in Maiden’s Blush: è più raffinata.

Non era l’unica regina del giardino,
c’èra un’altra rosa con un nome divino.
Empress Josephine è stata chiamata,
perchè alla moglie di Napoleone era dedicata.

Ella stessa un magnifico roseto aveva creato
alla cui vista Jean Béluze rimase incantato.
La rosa Souvenir de la Malmaison, venne così eletta
in onore del castello e della sua prediletta.

• MINUTO 1:13:28 \ Nota 8 \

PROPAGAZIONE VEGETATIVA ARTIFICIALE

Ogni essere vivente sulla terra si moltiplica con la riproduzione. Quando una singola rosa si riproduce il processo è chiamato propagazione vegetativa. Oltre alla propagazione vegetativa naturale, cioè il processo spontaneo di riproduzione delle piante sin dall’esistenza della terra, esiste anche la propagazione vegetativa artificiale, ovvero un metodo sviluppato dall’uomo per coltivarle e modificarle geneticamente. Le tecniche di moltiplicazione artificiale sono varie e si differenziano per maggior grado di naturalezza, come può essere per la riproduzione per talea, o per maggior desiderio di artificialità come per esempio per l’ibridazione.

  • La riproduzione per talea è un sistema che sfrutta le enormi proprietà rigenerative della rosa. Infatti è necessario semplicemente prendere un frammento di ramo, posizionarlo in un terreno fertile per rigenerare le parti mancanti, dando così vita ad un nuovo esemplare.
    La riproduzione per propaggine è una tecnica non molto usata perché si può applicare solo su rose con rami flessibili che, una volta piegati fino al suolo, vanno ricoperti di terra e fermati con un archetto di ferro. Dopo una stagione vegetativa, cioè fine autunno o anche fine inverno, si può controllare l’effettiva radicazione del ramo e dopo averlo reciso dalla pianta madre, trapiantarlo altrove.
  • La riproduzione per margotta consiste nel far radicare un ramo ancora collegato alla pianta madre. Ciò si ottiene avvolgendolo con una tela, contenente della terra, e legando il sacco alle due estremità, così che il ramo possa emettere radici provvisorie. Quando queste sono ben sviluppate il ramo viene tagliato al di sotto del legaccio inferiore, terra e telo vengono rimossi e il ramo viene trapiantato.
  • La moltiplicazione per innesto prevede l’utilizzo di due rose: una, detta portainnesto, fornisce la parte radicale, mentre l’altra provvede alla parte aerea ed è detta marza o nesto. Queste due vanno saldate insieme tramite un taglio e del mastice per innesti, in modo da formare un unico nuovo organismo; in questo modo si otterrà una nuova pianta, che avrà le qualità desiderate di entrambe. Perché un innesto possa riuscire è necessario che vengano messe a contatto la parte del fusto chiamata cambio, la quale costituisce la zona generatrice, con la parte capace di compiere la saldatura tra le due piante.
  • In botanica si utilizzano i processi di ibridazione al fine di modificare alcuni caratteri, farne emergere di nuovi, costituire così nuove varietà. Da ricordare sono gli Ibridi di Tea che hanno incontrato particolare popolarità soprattutto per la forma del fiore e si sono arricchiti, col procedere delle ibridazioni, di colori e tonalità dal rosso vermiglio al giallo.

I vantaggi della propagazione vegetativa artificiale sono tanti, soprattutto in termini di tempo, di denaro e di bellezza. I danni però sono tutti a carico dell’ecosistema e delle piante stesse. Infatti con la propagazione vegetativa artificiale si generano piante geneticamente identiche, rischiando di ridurre la diversità genetica di alcune specie, con conseguente minore resa alimentare. Le piante clonate sono geneticamente deboli e vulnerabili a batteri, funghi e altre malattie che hanno il potenziale per infettare l’intero raccolto.

Bibliografia

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De Luca, G. (2015). Le crisi finanziarie dalla Tulipanomania alla bolla del 1987: lezioni dalla storia. Italiano LinguaDue, 7(2), 1-19.

Linnaeus, C. (1799). Species plantarum (Vol. 3). Impensis GC Nauk.

Marasek-Ciolakowska, A., Nishikawa, T., Shea, D. J., & Okazaki, K. (2018). Breeding of lilies and tulips—Interspecific hybridization and genetic background—. Breeding science, 68(1), 35-52

Pindemonte, I., & Mabil, L. (1818). Sui giardini inglesi e sul merito in ciò dell’Italia (Doctoral dissertation, dissertazione. Dalla Società Tipografica de classici italiani, Milano)

Pollan, M. (2009). La botanica del desiderio. Il mondo visto dalle piante (Vol. 82). Il saggiatore.

Vercelloni, M., Vercelloni, V., & Gallo, P. (2019). L’invenzione del giardino occidentale. Jaca book.

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Taggart, C. (2016). Her Ladyship’s Guide to the British Season: The essential practical and etiquette guide. Batsford.

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Winstock Ar, Maier Lj, Zhuparris A, Davies E, Puljevic C, Kuypers Kpc, Ferris Ja & Barratt Mj. (2021). Global Drug Survey (Gds) Key Findings Report.